“Bancarotta? Che sculo!”
“Bancarotta? Che sculo!” No, non vi offendete. Sculo si può dire anzi è un termine riconosciuto dall’Accademia della Crusca!
Ma scopriamo perché, e come mai, sia bancarotta che sculo sono parole nate proprio a Firenze. Già ai tempi dei romani chi commerciava in denaro, mercanti e cambiavaluta, erano soliti disporre i denari, necessari agli affari della giornata, su un banco. Usanza mantenuta dai fiorentini, che nel Medioevo erano i principali banchieri d’Europa, e da cui traggono origine i termini banchiere, banca ma non solo! A coloro che non onoravano i debiti veniva immediatamente rotto il banco. Banco-rotto ossia bancarotta.
E con il banco rotto non ponevano più lavorare!
Ed eccoci al perché di questa foto.
Ritrae la “Pietra dello scandalo”, o “acculata”, che si trova al centro della loggia del Mercato Nuovo, o del Porcellino, costruita a metà del 1500 su progetto di Giovan Battista del Tasso. Questo tondo marmoreo riproduce una ruota del Carroccio, simbolo della Repubblica fiorentina, carro attorno al quale si riunivano l’esercito prima di ogni battaglia.
Ma nella Firenze rinascimentale la funzione di questo tondo era ben altra!
Era proprio qui dove i debitori insolventi, coloro, appunto, a cui era stato rotto il banco, venivano pubblicamente umiliati e puniti. Incatenati e con le braghe calate ne venivano battute le natiche ripetutamente e violentemente sulla pietra secondo l’acculata!
Da qui è nato il modo di dire “essere con il culo per terra” e qualcuno dice anche la parola “sculo”, sfortuna.
Ma in realtà questa bellissima, e volgare, parolina ha origini più antiche! Nel IV secolo d.c. nella traduzione dal greco del Pater Noster in lingua gotica compare la parola “skula” ossia debitore, peccatore. Nel toscano la parola gotica skula è rimasta! E sta ad indicare sfortuna, malasorte.
E se la usavano nel IV secolo non possiamo usarlo noi?
Restiamo a casa…ma non perdiamo la curiosità.
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